Scuola di Castanicoltura

Il nome proviene da Castanis, località dell’attuale Turchia era conosciuto come “albero del pane” perché la sua farina era una risorsa nei periodi di carestia. Anche le castagne sono state collegate al mondo dei morti: si pensava fossero il nutrimento delle anime del purgatorio.
La storia 
Il castagno ha rappresentato per molti secoli una delle maggiori risorse alimentari della montagna appenninica: le castagne fresche, secche, ridotte a farina, erano veramente la base del cibo quotidiano. 
Da esse si estraeva lo zucchero e l’alcool, mentre dai tronchi si ricavavano i materiali per la costruzione di case, mobili e perfino piatti, cucchiai e forchette. La pianta del castagno forse era gia presente in Italia come pianta spontanea fin dalla preistoria, ma solo al tempo dei Romani l’uomo cominciò a coltivarla per ottenere frutti saporiti e nutrienti. I Romani chiamavano le castagne “ghiande di giove” 
Durante il medioevo e fino al secolo scorso, il castagno fu ampiamente coltivato; in molte località i castagneti erano veri e propri giardini molto curati. 
Oggi il castagno non occupa forse più quel posto così importante nella vita dell’uomo, ma ancora offre produzioni di estremo interesse oltre al frutto e al legno, è infatti la pianta di maggiormente usata per l’estrazione del tannino (composto vegetale usato per la concia delle pelli, per la fabbricazione d’inchiostro).

I lavori nei castagneti 
Quando le castagne erano pronte per essere raccolte, i contadini spezzavano le foglie dell’anno precedente, che servivano da lettiera per il bestiame, poi si potavano le piante utilizzando i “bacchetti” per riscaldarsi. 
A primavera si faceva l’innesto per ottenere varietà più pregiate. Fatta la sterpatura (pulizia delle erbe e degli sterpi) si iniziavano a raccogliere le castagne che venivano poi portate preso i seccatoi, lì il fuoco restava acceso per 4 settimane e le castagne erano poste al piano superiore su dei graticci in travi di legno vicine in modo da non far caderle al piano inferiore. 
Si passava così alla trebbiatura per sbucciare le castagne secche; anticamente si usava il metodo della “pila” o della “stanga”. La pila era un enorme mortaio di legno massiccio all’interno del quale si mettevano le castagne secche che poi venivano sbucciate con una stanga. In tempi più recenti si usava la trebbiatrice meccanica
Le castagne secche erano poi selezionate eliminando gli scarti che venivano dati ai maiali, quelle buone erano macinate nei mulini ad acqua lasciando al mugnaio la molenda cioè una parte del prodotto. La farina veniva messa nei cassoni ed era l’alimento principale per molti mesi all’anno, specialmente per le famiglie più povere. La stessa buccia “oiva”  veniva conservata e bruciata durante l’inverno.